La seconda puntata della pessima serie con protagonista il ministro Brunetta se possibile ancora peggio della prima. Lo smart working è diventato la sua nuova ossessione e al solito i dipendenti pubblici le sue vittime preferite.
Il Ministro Brunetta a corto evidentemente di argomenti che gli consentano di stare sui giornali è ricascato nella polemica sullo smart working e i lavoratori pubblici. Con prontezza la CGIL gli ha risposto ma come categoria non possiamo stare in silenzio, lo dobbiamo alle lavoratrici e ai lavoratori che in questi mesi, malgrado un ministro che ha in odio evidentemente la pubblica amministrazione, hanno tenuto in piedi, per esempio, nei nostri settori le università e gli enti di ricerca.
Il suo invito, quasi un ordine, alla vaccinazione non sappiamo a chi sia rivolto, dovremmo forse ricordargli chi ha da subito espresso una posizione sul tema chiara ed inequivocabile. Poi che dire, gli si potrebbe ricordare che tra quelli e quelle che lui invita a vaccinarsi per recarsi sul posto di lavoro ci sono chi i vaccini li pensa, li sperimenta, li crea. Non crescono sull’albero delle panzane ministeriali, crescono nell’impegno quotidiano delle ricercatrici e dei ricercatori. Un impegno spesso precario, sempre sottopagato.
Ma ora è veramente il tempo di dire basta. Basta al continuo dileggio e alla caricatura dei lavoratori con il telefonino sulla busta del latte ultima immagine dell’immaginifico ministro. Basta! È l’ora della serietà e del rispetto.
Vogliamo, pretendiamo un’analisi puntuale di questo strumento, vogliamo un confronto con tutte le amministrazioni universitarie e degli enti di ricerca che faccia chiarezza sul lavoro da remoto, non abbiamo alcun timore di evidenziare anche le difficoltà e i limiti che vanno però analizzati senza pregiudizio.
Non vorremo fare i saccenti con un ex professore ma forse prima di esternare dovrebbe tornare a studiare. Fa sempre bene, noi siamo com’è noto a favore della formazione continua per tutti, anche per quella dei ministri.
Vogliamo chiarire che grandi processi di innovazione si sono realizzati e si stanno realizzando con l’utilizzo del lavoro da remoto e di questo sono stati protagonisti i lavoratori e tutto ciò non può essere né taciuto né sminuito.
Regole ragionieristiche che nulla hanno a che fare con una vera analisi dell’efficacia di questa modalità di lavoro sono diventate il riferimento per porre limiti che non hanno nulla a che fare con ciò che serve e ciò che funziona.
Nel rinnovo del contratto anche su questo tema ci aspetta una sfida importante, quella di coniugare i diritti di chi lavora con le funzioni essenziali dell’università e della ricerca. Noi siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità speriamo che intanto l’ultima puntata della pessima serie sia già andata in onda.